Il Monte Vecchio di San Fratello è uno scrigno di segreti e tesori dell’antichità

La ricerca di Apollonia, i misteri delle grotte e il mito di Alonzio


Per secoli poeti, letterati e storici hanno cercato in Sicilia le città devote ad Apollo, il dio greco delle arti e della bellezza, poiché si riteneva che tra le rovine si celasse qualche traccia dell'antico e magico oracolo. Dalla riscoperta medievale dei classici è emerso che ben diciassette centri antichi si ritenevano depositari del suo culto, e tra essi Catania, Leontini, Lilibeo, Panormo e Tindari, ma nessuna città poteva vantarsi di essere interamente devota al dio che svelava il futuro attraverso le sacerdotesse-sibille.


Hanno cantato le sue lodi in Sicilia poeti come Alcmano e Teocrito, a volte chiamandolo Apollo "Carneio" - quale dio degli armenti e della bucolica, al pari del divino pastore Dafni - altre volte appellandolo Temenìte, Pèano o Arcagète. Eppure sia Diodoro Siculo che Cicerone affermano chiaramente che la città di Apollonia, interamente dedicata al dio, esistesse realmente nell'isola e soprattutto i pastori si recassero ai suoi altari almeno una volta l'anno per benedire mandrie e greggi.


Dell'esistenza di una Apollonia in Sicilia, così come le più famose di Cirenaica, d'Epiro e del Ponto, ne era convinto Stefano bizantino, geografo che visse in epoca cristiana, al tempo di Giustiniano, quando l'epopea degli "dei falsi e bugiardi" era al tramonto. Ma volle lo stesso dedicarsi a quel che restava dei miti greci nell'Impero bizantino, e in uno dei cinquanta volumi della sua monumentale opera, -quello dedicato alla Sicilia - il De Themàtibus, segnalò un sito di Apollonia nella costa settentrionale.

Affascinati da quegli indizi, gli archeologi moderni, in testa Paolo Orsi, ma soprattutto Bernabò Brea, si convinsero che le notizie del geografo riguardavano la costa tirrenica a ridosso dei boschi dei Nebrodi. Si iniziò a scavare prima dalle parti di San Marco d'Alunzio, poi a Caronia, e infine a Pollina, il cui toponimo sembrava un'assonanza con la città di Apollo.

Ancora oggi i tre centri rivendicano la lontana discendenza, ma alla fine soprattutto Bernabò Brea, cui è dedicato il museo archeologico di Lipari, si convinse che era il "monte vecchio", nell'attuale territorio di San Fratello, ad essere il luogo dell' antica città di Apollo, perché proprio lì si trovavano monete e cocci d'argilla con la scritta "Apollonia".







Nessuna traccia fu invece ritrovata sul monte dell'epoca romana o bizantina, indizio di un repentino abbandono del sito a causa di un evento traumatico. In effetti il centro abitato siceliota era stato distrutto da Agàtocle siracusano agli inizi del III secolo avanti Cristo, inviperito contro gli ultimi discendenti del siculo Ducezio (da tempo stabilitisi tra Halesa e Calacte) che flirtavano con i punici: i superstiti si erano così trasferiti sul litorale dove passava una delle grandi vie di comunicazione costiere e vi rimasero fino al XII secolo.

Ma la cittadina sul monte tornò a vivere nel medioevo per la presenza di estesi territori coltivati intorno a un'abbazia basiliana, quest'ultima favorita dalla confluenza delle vie di "transumanza" provenienti dall'entroterra.

Il "monte vecchio" tutt'oggi si presenta come un massiccio calcarenitico imponente che sovrasta il paesaggio sopra Acquedolci. È uno scrigno di segreti e tesori dell'antichità: le grotte preistoriche sottostanti hanno conservato per millenni i resti fossili della fauna pleistocenica e le ossa dei primi abitatori dell'isola (lo scheletro di Thea, la prima donna siciliana, è conservato al museo geologico di Palermo).


Il santuario romanico-medievale in cima al monte, dedicato ai santi martiri Alfio, Filadelfio e Cirino, è stato meta di pellegrinaggi dei devoti di mezza Sicilia. E infine il sito archeologico con i resti di mura, di torri, di una domus romana pavimentata in opus signinum, di piccoli edifici sacri e grandi cisterne forse dedicate al culto del dio di Delphi,. Apollo Carneio, protettore delle "Daphneforie", aveva pure un bosco sacro di alloro poco distante da questi luoghi, dove si recavano gli abitanti di Troina per il pellegrinaggio al patrono San Silvestro, rito tutt'oggi non privo di suggestioni mitiche e "persistenze" arcaiche.

Vicino la zona archeologica c’è l'abitato di San Fratello, dalla caratteristica parlata galloitalica, che si sovrappose in epoca normanna agli ultimi casolari dell'antica Apollonia.



Carmela Bonanno, archeologa, (oggi dirigente del Servizio archeologico della Soprintendenza di Enna), ha scavato dal 2003 al "monte vecchio" di San Fratello, e ha presentato i risultati degli studi condotti assieme al suo assistente di scavo Giovanni Perrotta, e al grafico-documentarista, Giuseppe Pelligra, nel volume intitolato, appunto, "Apollonia" (edizioni L'Erma).

«Quando fui inviata a San Fratello per bloccare una cava sul luogo degli scavi mi accorsi che non c'era neanche un vincolo posto a salvaguardia di quei resti - dice la Bonanno - Da allora in poi sono cambiate tante cose. Adesso la zona ha pure un centro d'accoglienza per i turisti e custodi in permanenza».



Per gli archeologi il mistero è stato risolto: Apollonia si trovava in cima al “Monte Vecchio”. Ma né la chiesa, né tutti gli storici contemporanei si sono rassegnati ad un’altra idea che dai tempi di Fazello incombe sul passato di questo luogo, cioè la presenza nel vasto altopiano dell’antica Alonzio, per molti identificata nella vicina cittadina di S. Marco, frutto del ritrovamento di lapidi.

i ritrovamenti greci a S. Marco d'Alunzio
Il tempio di Ercole a San Marco. Solo la base della costruzione è risalente
al periodo greco, mentre la struttura superiore è di stampo medievale
Tra il 1500 e il 1600 il sito del Monte Vecchio divenne meta preferita per il saccheggio di materiali, destinati all'ampliamento e all'abbellimento della nuova città di San Fratello. Non è escluso che anche le vicine cittadine attinsero al sito per abbellire le proprie costruzioni.

  
E se Apollonia sembra aver trovato la sua sede, non possiamo dire lo stesso di Alonzio, dove  nonostante i ritrovamenti, gli studi del tempo e le ricerche di vari studiosi, ancora molte fonti storiche non sembrano combaciare sul posizionamento in S. Marco. Tuttavia il vasto altopiano del Monte Vecchio, ancora in parte da esplorare, lascia prevedere nuove e interessanti scoperte, contando rispetto ai tanti altri siti archeologici sparsi in Sicilia, il vantaggio non poco trascurabile di avere l’area archeologica incontaminata con insediamenti di cittadine moderne.  

Fonte: La Repubblica

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