Una visita nel luogo dove tutto ebbe inizio

La suggestiva Grotta di San Teodoro, la porta d’ingresso della civiltà umana in Europa.

di Carmelo Emanuele.
ACQUEDOLCI (ME) - Non capita spesso di trovarsi in luoghi apparentemente familiari e vivere emozioni forti, come e quando si visitano luoghi sparsi per il mondo magari ammirati solo in cartolina, in qualche documentario televisivo o su irreali scatti apparsi su internet, ed invece con grande sorpresa visitare la Grotta di San Teodoro nel territorio dell’odierna Acquedolci può suscitare tutto questo e forse anche di più se pensiamo ai millenni di storia che è possibile assaporare calpestando quella terra dove tutto ebbe inizio qui in Sicilia, toccando quelle pietre e quei reperti fossili che abbelliscono il luogo, ormai pienamente incastrati nello scenario storico che caratterizza tutto il versante tirrenico e forse l’intera isola.

In questa grotta cominciò la storia del paese di San Fratello e, quindi di riflesso, anche quella del paese di Acquedolci, visto che le due comunità condividono millenni di storia in comune prima della separazione nel 1969. La struttura incavata nel massiccio del Monte San Fratello è solo la più grande di una serie di trafori naturali realizzati con mano artistica dalle forze della natura. Queste pietre sono già un’opera d’arte da vedere, probabilmente risalenti alla frattura del primordiale continente europeo, e milioni di anni fa hanno subito l’innalzamento della crosta terrestre contemporaneamente ad un arretramento dei confini marini. Il luogo, molto suggestivo che rappresenta già un autentico museo all’aperto, si caratterizza anche per la ricchezza dei numerosi fossili di fauna sparsi un po’ ovunque nella vallata e all’interno delle grotte.


Sulla storia della Grotta di San Teodoro si è scritto molto, soprattutto negli ultimi trent’anni sono decine le pubblicazioni e le indagini di studiosi appassionati sull’argomento: dai ritrovamenti di ippopotami di 200.000 anni fa a quelli degli scheletri umani risalenti a circa 11.000 anni fa la grotta è il monte soprastante sono stati una specie di forziere di tesori nascosti. 

Ma ciò che rappresenta la grotta oggi, non solo per la piccola comunità di Acquedolci ma per l’intero continente è qualcosa di unico e introvabile altrove. In pratica possiamo definirla la prima casa dei popoli di Sicilia, porta dell’Europa per i primi popoli nomadi che si spostavano verso le terre a nord.

Visitare questa maestosa opera d’arte di madre natura che sembrerebbe creata appositamente per dare riparo agli esseri viventi, può essere considerato a tutti gli effetti un dovere di ogni cittadino del luogo per conoscere meglio il territorio in cui vive ma, ancor di più, diventa una necessità per ogni uomo sulla terra che dovrebbe conoscere i luoghi dove la civiltà ha piantato le sue ancestrali radici.  

Commenti

  1. A tanti anni di distanza dagli eventi si può commentare con matura coscienza che serva di sprone al mantenimento della cultura dell'antica civiltà.
    RICORDI FANCIULLESCHI DEL TEMPO CHE FU.
    ALLA GROTTA DI SAN TEODORO PER GIOCO, NON PER CULTURA.

    L’amplissimo antro della grotta poi, era il culmine del nostro divertimento.

    In una di queste piccole caverne situata a manca, entrando a gattoni si potevano notare: al centro, un grosso masso dalla forma, all’incirca circolare, attorniato da altri più piccoli macigni della stessa forma; come fosse stata una stanza primordiale da servire per convivi familiari.
    A mezza altezza, nella parete in fondo, una stretta caverna rocciosa si dipartiva salendo, a mo’ di scala a chiocciola, per riuscire un cinque sei metri più in alto dopo aver fatto un semicerchio a tortiglione.
    Per ritornare sui propri passi era come ridiscendere da una parete rocciosa di sesto grado. Ma anche questo era divertimento fanciullesco paesano di quei tempi.
    TEMPI IN CUI I RAGAZZI, SI CONTENTAVANO DI POCO PIÙ CHE DEL NIENTE.

    Entrando nei diversi antri minori che essa conteneva cercavamo e trovavamo frammenti di selci taglienti, armi primordiali che trafugavamo, ma quelle che pativano di più i nostri arrembaggi erano le affusolate stalattiti pendenti dal soffitto che noi, vandali allo stato «embrionale», aggredivamo spezzandole possibilmente alla sommità, per simboleggiare (a pensarci bene) il trofeo della nostra fanciullesca imbecillità.
    Parliamone, non sommessamente, ma in modo altero. Acciocché i nostri figli sappiano e si possano cibare di cultura.
    Quanti sanno di Thea, la prima donna dell’antica Sicilia il cui scheletro fu rinvenuto negli anni trenta del secolo scorso negli anfratti della Grotta di San Teodoro del calcareo «Monte San Fratello»?
    Non lasciamo che i nostri ragazzi facciano quel che facevamo noi negli anni verdi della nostra età. Noi in quella grotta ci andavamo come per gioco, per portate a casa, quali trofei, rovinate stalattiti spezzate a metà che piangevano la triste sorte di aver interrotto la loro crescita.
    La cultura non è cibo che si mangia, ma che ci evolve nel sapere necessario per conoscere noi stessi; chi siamo, da dove veniamo, e di cosa dobbiamo fare per mantenere intatti i nostri valori etici

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