CRONACA
Assieme alla Liguria, alla Sardegna meridionale e orientale,
alla Versilia e alle coste di Campania e Calabria, il messinese vanta una
lunghissima storia di eventi alluvionali.
Daniele Ingemi.
Ancora una volta il messinese torna alla ribalta delle
cronache per l’ennesima alluvione lampo. Tutti sanno che il messinese è una
delle aree più vulnerabili al rischio idrogeologico e all’esposizione agli
eventi alluvionali lampo, assieme alla Liguria, alla Sardegna meridionale e
orientale, Versilia e coste di Campania e Calabria.
Spesso il fattore
orografico e la complessa composizione geomorfologica del territorio messinese
possono agevolare eventi rapidi ma con esiti davvero devastanti. Sin dai tempi
antichi si hanno tracce di alluvioni particolarmente distruttive che hanno
causato degli spopolamenti lungo le aree costiere, in prossimità dei principali
corsi d’acqua. Anche le aree del messinese tirrenico (le stesse duramente
vulnerate dalla grave alluvione di martedi scorso), ciclicamente, sono state
duramente colpite da eventi meteorologici cosi estremi, ma rapidamente
dimenticati dalla memoria corta degli uomini, da mettere sott’acqua interi
centri abitati, interrando paesi e abitazioni.
Innumerevoli sono gli episodi datati tra il 1600 e il 1800
che hanno cagionato morti e danni ingentissimi, specie alle coltivazioni e nel
settore agricolo. Risalendo fino al 1900 gli esempi iniziano a divenire sempre
più documentati fino ai giorni nostri a cominciare dalle inondazioni che fra
gli anni 20 e 30 flagellarono molte zone del messinese tirrenico e l’area nebroidea,
con l’innesco di grossi smottamenti.
Su tutti va ricordato quello “storico” del
1922 che costrinse gli abitanti del paese di San Fratello a trasferirsi nel
borgo denominato “Marina di Acquedolci”, in ricoveri di fortuna nei pressi
della località Buonriposo. Allora il governo nazionale, sotto l’autorità del
ministro della guerra, Antonino Di Giorgio, varò la legge n° 1045 del 9 Luglio
1922, che prevedeva la ricostruzione dell’abitato di San Fratello in altro
luogo, identificato nella frazione “Acquedolci”.
In pochi anni il governo fascista passò subito all’azione
costruendo degli alloggi popolari, prestigiose palazzine in stile liberty,
l’edificio delle poste, i telegrafi e altre infrastrutture che fecero di
Acquedolci un centro moderno per l’epoca. Andando avanti con gli anni non si
può fare a meno di citare la disastrosa alluvione che nel Novembre del 1958
mise sott’acqua un’intera provincia, dalla fascia ionica a quella tirrenica,
con piogge di carattere torrenziale che sono durate per oltre 4-5 giorni.
L’enorme quantità d’acqua caduta causò l’immediata ondata di piena di tutti i
torrenti e corsi d’acqua, fra cui l’Alcantara, che scendono dal versante
meridionale dei monti Peloritani. Il torrente Agrò e il Savoca erano talmente
gonfi da esondare sulle rispettive vallate, sommergendo sotto vari metri di
acqua e fango campagne e centri abitati circostanti.
In alcuni casi, come a Santa Teresa e a Sant’Alessio, nel
comprensorio ionico, la furia dell’ondata di piena dell’Agrò fu tale da
disintegrare interi edifici, palazzi di vari piani e la chiesa della Madonna
del Carmelo. A Santa Teresa di Riva il quartiere Bucalo, il più colpito, rimase
allagato per più di 7 giorni. In quella occasione, però, si realizzò una
situazione sinottica (configurazione barica) di blocco che attivò un intenso
richiamo molto umido sciroccale dal mar Libico e dallo Ionio, con forti correnti
da E-SE che causarono imponenti mareggiate lungo tutta la costa ionica, con
ondate gigantesche, alte più di5-6 metri, che si abbatterono sino alle
abitazioni del lungomare.
La forza del mare ostacolò il deflusso delle acque
piovane trascinate a gran velocità dalle ondate di piena dei torrenti,
determinando il cosiddetto “effetto tappo” che favorì le conseguenti
esondazioni dei corsi d’acqua, ormai arrivati al limite della sopportazione. In
quei giorni in tutta la fascia ionica messinese che va da Roccalumera a
Giardini Naxos, e sulle aree più interne dei Peloritani meridionali e del
vicino retroterra barcellonese, si registrarono apporti pluviometrici di tutto
rispetto.
Basta ricordare che Antillo in pochi giorni sfondò i 1000
mm. Notevoli pure i 1018 mm archiviati da Francavilla di Sicilia in
meno di un mese. Ma una delle maggiori alluvioni mai viste sul messinese,
almeno negli ultimi 50-60 anni, è senza ombra di dubbio quella che fra 1972 e
il 1973 mise in ginocchio una provincia intera, risparmiando solo il capoluogo
dello Stretto. Infatti in quei mesi, tra fine Dicembre 1972 e inizio Gennaio
1973, sia la zona ionica che la fascia tirrenica, in particolare le solite aree
al confine fra Peloritani e Nebrodi, vennero martellate da una serie di forti
ondate di maltempo, davvero molto violente e simili, dal punto di vista
dinamico, all’evento che recentemente ha cagionato ingenti danni in tutto il
messinese tirrenico.
La causa di innesco è da ricercare, come al solito,
all’avanzata di un vortice depressionario dal Mediterraneo occidentale verso il
Canale di Sardegna e le coste algerine. L’evoluzione verso levante del vortice
depressionario veniva rallentata da un possente anticiclone di blocco, con
massimi di oltre i 1040 hpa, centrato fra i Balcani e il sud della Russia
europea e Ucraina. Tale situazione barica di blocco ha reso quasi stazionario
il vortice di bassa pressione ad ovest della Sicilia, creando al contempo un
netto infittimento delle isobare, fra Italia e Balcani, che è stato all’origine
di un impetuoso flusso sciroccale che per più giorni ha battuto lo Ionio e il
messinese, in particolare l’area dello Stretto, sino ai Peloritani meridionali
e all’Etna. L’aria molto umida, tiepida e instabile (aria sub-tropicale) trascinata
dalla sciroccata si è intrufolata all’interno delle vallate dell’Alcantara e
d’Agrò generando il famoso “effetto Alcantara-Agrò”, con la formazione del
solito Cumulonembo orografico sottovento ai crinali settentrionali dell’Etna e
dei Peloritani meridionali.
L’evoluzione, molto lenta, della circolazione depressionaria
verso levante, causa il blocco anticiclonico sull’est Europa, rallentò la
dinamica perturbata, mentre il possente flusso sciroccale nei bassi strati durò
per 4 lunghissimi giorni, lasciando all’asciutto la zona dello Stretto di
Messina e l’alta costa ionica, da Scaletta a Roccalumera, mentre,
contemporaneamente, il resto della provincia affondava sotto le piogge
torrenziali e violentissimi temporali che cagionarono enormi danni per
allagamenti, smottamenti e continue esondazioni dei torrenti, sia sul lato
ionico che tirrenico. Tanto per citare qualche dato, ad Antillo, nell’alta
valle d’Agrò, dal 30 Dicembre 1972 al 2 Gennaio 1973, caddero oltre 1000
mmdi pioggia. Un valore davvero impressionante se si pensa che quell’anno
Antillo accumulò oltre 2429 mm, di poco inferiore ai 2762 mm del
1976.
Non per caso le zone più colpite, dove si registrarono i
maggiori danni, furono quelle fra Antillo, Castroreale, Barcellona e
Montalbano, dove si verificarono delle piogge torrenziali ben più abbondanti di
quelle viste lo scorso 22 Novembre fra Barcellona e Villafranca tirrena. In
tutta la provincia si contarono oltre 15 vittime per frane, smottamenti, crolli
di abitazioni ed esondazioni di torrenti e canali.
Fonte.meteoweb.eu
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