CRONACA
I clan tentavano di aggirare il "protocollo
Antoci" per razziare terreni e incassare contributi pubblici.
Alessandra Ziniti.
Avevano trovato il modo di aggirare il
"protocollo Antoci" minacciando privati cittadini, allevatori e
contadini per costringerli a cedere i terreni di loro proprietà e accedere ai
contributi per l'agricoltura dell'Unione europea senza bisogno di produrre
quella certificazione antimafia che, da circa un anno, il presidente del parco
dei Nebrodi ha deciso di richiedere a chi stipula contratti di affitto di
terreni pubblici con le amministrazioni locali.
I mafiosi delle famiglie dei
Nebrodi, soprattutto quello affiliati con i clan catanesi Ercolano -
Santapaola, non intendevano rinunciare a quel consistente flusso di denaro e
per questo, negli ultimi mesi, avevano messo in atto una strategia di
intimidazioni e violenze nei confronti di agricoltori e allevatori dei paesi
del parco. Sui Nebrodi, i clan non vogliono indietreggiare, l'anno scorso
avevano anche tentato
di colpire il presidente del Parco Giuseppe Antoci, sparando alcuni colpi
di fucile contro la sua auto.
Adesso, dalla denuncia di un allevatore di Cesarò è nata l'indagine che
ha visto insieme carabinieri della compagnia di Santo Stefano di Camastra e
quelli del Ros di Catania e che ha portato all'emissione di nove provvedimenti
di fermo urgenti da parte della Dda di Catania proprio per evitare che
potessero essere messi in atto ulteriori intimidazioni o violenze nei confronti
delle vittime designate.
Associazione mafiosa ed estorsione i reati che i pm contestano ai fermato, tra
cui i reggenti delle due famiglie della mafia nebroidea, Giovanni Pruiti,
fratello dell'ergastolano Salvatore, boss di Cesarò e Salvo Catania, capomafia
di Bronte. Proprio grazie al protocollo Antoci, alla famiglia Pruiti nei mesi
scorsi erano state revocate le concessioni di molti terreni per i quali
incassavano centinaia di migliaia di euro di contributi europei.
Nelle ultime settimane, gli inquirenti hanno osservato un crescendo di
intimidazioni e aggressioni e soprattutto hanno avuto segnali di pianificazione
di ulteriori atti intimidatori nei confronti di allevatori dell'area compresa
tra Bronte, San Fratello e Cesarò. da qui l'urgenza di procedere ai fermi.
Dice Antoci: "E' un duro colpo assestato ad importanti famiglie mafiose.
Sono contento che il percorso di legalità e sviluppo che stiamo portando avanti
continui, stiamo liberando la Sicilia da un malaffare che durava da anni e che
toglieva dignità agli agricoltori ed allevatori onesti". Il presidente del
Parco annuncia che il 23 febbraio sarà a Roma, alla Camera dei Deputati, per presentare
la legge che di fatto allarga il protocollo di legalità a tutta Italia.
fonte: la repubblica
Commenti
Posta un commento