Mafia dei Nebrodi e 'ndrangheta, nuovo asse criminale?


CRONACA
La "mafia dei terreni" è una mafia ricca, potente ed organizzata intorno a colletti bianchi in grado di pianificare una truffa molto redditizia alle risorse pubbliche ed europee.

di Luciano Armeli Iapichino.
E poi basta focalizzare su Google Maps la Sicilia nebroidea e ci si accorge che la mafia dei terreni, quella silente e della mattanza impunita - decine di morti in poco meno di tre lustri - dagli anni novanta e dopo la sanguinaria faida dei Bontempo Scavo e dei Galati Giordano a Tortorici - di strada ne ha fatta.

Una mafia così definita dal Sen. Giuseppe Lumia: la "mafia dei terreni" è una mafia ricca, potente ed organizzata intorno a colletti bianchi in grado di pianificare una truffa molto redditizia alle risorse pubbliche ed europee che movimentano miliardi di euro con profitti illeciti che superano di gran lunga quelli lucrosi della droga. È una mafia pertanto, da non classificare più come quella superata e arretrata, dei "pascoli", ma va pensata e riconosciuta in termini più attuali: una mafia che sa coniugare affari, collusioni e ricchezze moderne senza perdere il carattere della violenza antica, tipica proprio della passata "mafia dei pascoli".

Un controllo del territorio, cristallizzato con parentele e sodalizi interprovinciali, che si estende su un’area geografia ampia e ben definita:
-       a nord, la zona d’influenza corre lungo la fascia tirrenica da Falcone a Tusa;
-       a sud la direttrice collega i comuni di Troina, Cesarò, Maletto, Maniace, territori ad alto tasso di omertà;
-       a ovest, si arriva sino alle porte di San Mauro Castelverde, confine storico con i clan del palermitano;
-       a est la longa manus della criminalità nebroidea si estende sino a quella linea immaginaria che da Falcone taglia verso sud le due province, messinese e catanese, fino a Bronte.
Il focolaio mistrettese appare ridimensionato.

Quello di Capizzi sembra mantenere una sua autonomia.
La famiglia dei barcellonesi sembra ancora più compressa a est.
Nel cuore di quest’ampia area verdeggiante, si snodano due arterie importanti: la SS 289, Cesarò - Sant’Agata di Militello, assolutamente incontrollabile, e la SS 575, che da Troina porta verso i grossi centri del catanese. 

Un tempo c’erano i fratelli Mignacca a imperversare nell’area - la loro latitanza si è conclusa in un casolare di Lentini nel novembre 2013 - e oggi?

È di qualche settimana la notizia dell’arresto di Giovanni Pruiti, presunto reggente del clan dei cesaresi, fratello dell’ergastolano Giuseppe, unitamente a Turi Catania, brontese e luogotenente dei Santapaola. Quest’ultimo, prima del recente arresto, ha passato il regime di detenzione domiciliare legato ad altre condanne a Cesarò. Sarà un caso certo ma quello nebroideo è un territorio vasto, impervio e fuori controllo, dimora privilegiata di latitanti, pregiudicati e fiancheggiatori. E di potenziali cimiteri di mafia.

La prima nuova frontiera della mafia dei pascoli sembra, dunque, essere il sodalizio con i Santapaola.
La Nuova famiglia tortoriciana ha allargato l’epicentro gestionale all’interno del Parco dei Nebrodi e puntellata, da un lato, da legami di sangue e matrimoni e, dall’altro, da storici accordi - secondo il senatore Giuseppe Lumia sta puntando alla riunificazione e al rilancio delle storiche famiglie dei Galati Rando, dei Bontempo Scavo e dei Batanesi grazie alla figura di Bontempo Gino, - è riuscita a potenziare il raggio d’azione, indirizzando l’attività criminale verso la succulenta torta dei finanziamenti silvo-pastorali, l’abigeato, macellazione di carni clandestine e infette, e non solo. E questa è cronaca recente.

Trattasi di una rete criminale che trova supporto in altre consorterie mafiose viciniore?
I sodalizi riguardano anche la famiglia mafiosa dei Laudani di Randazzo e quella dei Nicosia di Calascibetta nell’ennese?

Su cos’altro la famiglia ha buttato l’occhio? La frana di San Fratello e l’opera di ricostruzione, le società sportive per il riciclo di denaro “sporco”, i costruendi porti di Sant’Agata Militello e Capo d’Orlando? Nuove aree agricole da colonizzare al fine dell’erogazione dei fondi AGEA e non solo?
La droga?

Qual è il canale di approvvigionamento degli stupefacenti sui Nebrodi?
Il potente cartello calabrese, la 'ndrangheta?

La recente operazione denominata Senza Tregua, maggio 2016, ha appurato un feedback solidale tra la famiglia 'ndranghetista Nirta-Strangio e Antonio Foraci, affiliato della mafia tortoriciana dei Bontempo Scavo e, tra l’altro, la relativa indipendenza di quest’ultima dalle cosche del barcellonese. Ma la sensazione è che qualcosa di più pericoloso bolla in pentola, qualcosa di più organicamente strutturato.

Chissà se da Catania e per la via del mare, il connubio mafia dei Nebrodi - 'ndrangheta riguarda altro?
Forse già, sui Nebrodi, è stato convocato con successo qualche summit interregionale?
Forse il canale di accesso al mare che circumnaviga l’Etna è più fruttuoso e più sicuro da battere?

Per la risoluzione dei numerosi omicidi irrisolti nella zona basterebbe un solo pentito a chiarirne dinamiche e circostanze. Il pentito non c’è. E chi è all’ergastolo, sa bene che l’affaire malavitoso rende di più da dietro le sbarre che con eventuali dichiarazioni e collaborazioni.

Paradossalmente, con il carcere si “tutelano” la famiglia criminale e gli interessi, ma questa è letteratura mafiosa.

Del resto, in questa nuova consorteria mafiosa dei terreni, a differenza dei corleonesi e dei barcellonesi, non vi è traccia di clamorosi pentitismi e questo è di certo un’ottima credenziale agli occhi dei clan calabresi, oramai signori incontrastati sull’intera penisola e oltre.

E ancora.
Sui Nebrodi, oggi, numerosi sono i pregiudicati in libertà che hanno scontato Mare Nostrum, la grande operazione antimafia che nel 1994 ha inflitto un duro colpo ai clan di Barcellona Pozzo di Gotto, Terme Vigliatore e Tortorici.

L’impressione è che il fenomeno criminale, in questo lembo di Sicilia, sia di difficile contenimento e di chirurgica focalizzazione.

È da chiedersi, anzitutto, come sia stata possibile una così rilevante rivitalizzazione dei clan e se, in questa nuova era criminale, la connivenza di certi colletti bianchi e di pezzi delle istituzioni abbia funto da stimolo per le nuove consorterie criminali.

All’interno del Parco dei Nebrodi, chi ha controllato chi? O per conto di chi?
C’è stata una vera e propria metamorfosi in chi era deputato all’ordine e alla sicurezza?

Così come bisognerebbe capire quante denunce per aggressione, danni, estorsioni, furto, sono state presentate dai cittadini alle autorità competenti e che hanno avuto, in seguito e di fatto, oggettivo approfondimento. Per le vittime senza giustizia resterà, probabilmente, solo il dolore dei familiari.

fonte: antimafiaduemila.com

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